Impennata di startup agrifood sostenibili nel 2020, anno della pandemia

In piena emergenza sanitaria, il fermento del settore agroalimentare non si ferma e il numero di startup che puntano sull’economia circolare cresce esponenzialmente. Infatti, tra il 2016 e il 2020 sono nate 1.808 startup nel settore agrifood a livello internazionale, con un aumento del 56% rispetto a quelle censite nel periodo precedente (1.158 in totale) e del 25% del totale delle startup operanti nel business dell’agroalimentare (7.120 in totale). Il 40% ha già ottenuto almeno un finanziamento, per un totale di 5,6 miliardi di dollari raccolti, pari ad una media di circa 7,7 milioni di dollari (2,5 milioni in più rispetto al 2019).

Sono questi i numeri che emergono dall’analisi dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano. Gli obiettivi principali che perseguono le nuove startup seguono le direttive fissate dall’Agenda 2030 dell’Onu e si riassumono in:

  • - Sostenibilità ambientale
  • - Produzione e consumo responsabili
  • - Lotta alla fame
  • - Crescita economica sostenibile ed inclusiva

A livello mondiale, i Paesi che registrano la percentuale di nuove imprese più elevata sono: Norvegia (24 startup, il 58% sostenibile), Israele (139 startup, il 46% sostenibile) e Uganda (24 startup, il 46% sostenibile).

L’analisi del Politecnico di Milano colloca l’Italia in dodicesima posizione, con la nascita di 22 startup sostenibili su 76 nuove imprese agrifood censite (29%). Il mercato risulta più dinamico rispetto all’anno precedente: se nel 2019 si registravano 7 startup (13% del totale), nel 2020 sono nate 15 startup in più, per un totale di 23 milioni di dollari di investimenti (contro i 300.000 dollari del 2019).

Nelle nuove imprese si diffondono sempre più pratiche di economia circolare volte a prevenire gli sprechi alimentari e a migliorare la gestione del surplus generato. È il caso, ad esempio, della programmazione flessibile della produzione, della previsione strategica della domanda e della ridistribuzione del consumo del prodotto da parte del cliente finale.

Aumenta l’interesse verso il packaging sostenibile, capace di interfacciarsi con i diversi attori della filiera e volto a promuovere comportamenti virtuosi basati sulla condivisione di informazioni e l’ottimizzazione della logistica. Progressivamente, il ruolo delle filiere corte sostenibili diventa sempre più strategico, perché consente di “sfruttare” la vicinanza geografica, relazionale ed informativa, con l’obiettivo di ridurre il divario tra produttore e consumatore e il >divario di reddito tra i piccoli produttori locali e gli esponenti della grande distribuzione.

Grande attenzione viene destinata, infine, alla fase di Food Processing, dove sono stati effettuati importanti investimenti negli ingredienti naturali e nei cibi proteici alternativi, e nelle imprese che propongono soluzioni tecnologiche innovative per l’agricoltura di precisione.

Fonte: ilsole24ore.com